sabato 26 dicembre 2020

I migliori racconti sul Natale da Eduardo a Dickens


 

Per gli scrittori il Natale è un giorno di sorprese ma anche di solitudine

 ''Nun te piace 'o presebbio?'' domanda Lucariello che si dedica alla sua costruzione con gran passione da sempre.''Nun me piace!'' gli risponde dispettoso il figlio Nennillo. Sono battute dall'inizio di ''Natale in casa Cupiello'' di Eduardo De Filippo, testo oramai popolare che sta da noi un po' come il Canto di Natale di Charles Dickens sta alla tradizione anglosassone con l' avaro Scrooge che ribatte a tutti ''Al diavolo il Natale e tutta la felicità!'' sperando che chi gli fa auguri possa essere bollito nel suo pentolone e sotterrato con un ramo di agrifoglio nel cuore.

L'ottocentesco Dickens rientra nella favola di Natale tradizionale in cui il mondo cambia in meglio grazie alla nascita di nostro Signore, ma in realtà i grandi scrittori, affrontando questo tema e questo fatidico giorno, sono nella maggioranza sulla linea di De Filippo, con la riunione familiare che si trasforma mentre vengono a galla verità nascoste, o si hanno sorprese non sempre piacevoli. Giovanni Verga narra di uno dei suoi 'ultimi' che torna a casa in paese dopo essere stato a lungo fuori a lavorare e scopre che la moglie se ne è andata con un altro e ne soffre sino a morirne, mentre questa, riabbandonata, torna a casa e si ritrova vedova con i soldi che l'uomo aveva accumulato per loro.

Anton Cechov in ''Vanka'' racconta di un bambino orfano di nove anni a servitù presso una calzolaio di Mosca che lo affama e picchia, il quale scrive al nonno guardiano in una tenuta di campagna per pregarlo di venirlo a prendere la notte di Natale e lascia oramai felice e fiducioso la lettera in una di quelle cassette che gli hanno detto servono a farle arrivare a tutti e ovunque, ma la sua è senza indirizzo e francobollo. 
    La scoperta della solitudine in un così particolare giorno di festa (esperienza che molti di noi faranno forse in quest'anno di Lockdown) è uno dei temi ricorrenti in tanti scrittori, dalla signora Dalloway di Virginia Woolf, che si sente sola durante un party natalizio a casa sua, sino a Walter Benjamin che in ''Infanzia berlinese'' si ricorda bambino la sera di Natale: ''Nessuna festa della vita adulta ha esperienza di quest'ora che vibra ne cuore del giorno come un dardo''. 
    Fonte: (ANSA) 


 

lunedì 21 dicembre 2020

Perché a volte non ricordiamo i libri che leggiamo?

 


Perché leggiamo libri e perché a volte non li ricordiamo? Qual è lo scopo della lettura? Ci aiuta ad essere migliori

Non ricordo tutti i libri; di solito questo non succede per quelli che ho letto di recente o che mi sono piaciuti particolarmente. Per gli altri, a causa del tempo che passa, ricordo davvero molto poco. A quanto sembra non è qualcosa che succede solo a me. 


Tanto tempo fa, c’era un grande insegnante che aveva molti studenti.

Una volta uno degli studenti gli chiese: “Ho letto molti libri, ma ho dimenticato tutto quanto . Qual è lo scopo della lettura? ”.

L’insegnante non gli diede una risposta in quel momento. Da lì a pochi giorni l’insegnante dette allo studente un setaccio che era sporco e in pessime condizioni.

L’insegnante. Gli chiese quindi di recarsi al fiume vicino per prendere dell’acqua con il setaccio. L’idea non piaceva allo studente ma non poteva rifiutare quello che gli aveva detto il suo insegnante.Andò al fiume, riempì il setaccio al fiume e iniziò il suo viaggio di ritorno.

Dopo pochi passi tutta l’acqua nel setaccio fu drenata attraverso i buchi. Così di nuovo andò al fiume e riempì il setaccio. Lo fece tutto il giorno ma non fu in grado di completare il compito assegnato dal suo insegnante. Tornò dall’insegnante con una faccia triste e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con questo setaccio. Ho fallito “

Il suo insegnante gli sorrise. ” No! Non hai fallito. Guarda il setaccio: è diventato come nuovo. L’acqua, filtrando nei buchi, lo ha pulito.”

L’insegnante ha quindi spiegato il vero motto dietro questo compito. Ha detto “L’ultima volta che mi hai chiesto qual è lo scopo della lettura se non ricordi cosa hai letto. Ora prendi questo esempio del setaccio.

Setaccio = Mente

Acqua = Conoscenza

Fiume = libro

Anche se non ricordi che cosa hai letto va bene lo stesso! La lettura rende acuta la mente.La lettura ha un profondo impatto sulla nostra mente e sul cervello, attraverso un processo subconscio.

In effetti, leggere non è come andare al teatro o guardare un film; i quei casi ci arrivano tante informazioni e tutte sotto forma di dialoghi, voci, immagini, azioni, e tutti i nostri sensi sono coinvolti. Per la lettura è diverso, leggere un libro libera l’immaginazione e impariamo a interpretare ciò che leggiamo. Pensiamo a quando l’autore descrive un luogo o un personaggio, se cura i dettagli o se sorvola, se inserisce nel testo una riflessione. In quel caso possiamo concordare o pensarla diversamente, ma anche in quel caso la mente si attiva. Mentre guardare un film è un’azione più o meno passiva, leggere un libro spinge a creare nuove connessioni fra i neuroni. Immergersi nella lettura di un libro vuol dire restare soli con i propri pensieri, avere tutto il tempo di elaborare, quello che non succede con un film, dove arrivano immagini molto velocemente.

Quali libri leggere?

Il genere al quale apparteniamo lo dobbiamo scoprire piano piano e da soli, e quando penseremo di averlo trovato, magari ci colpirà un libro che non avevamo mai pensato di leggere. In realtà, ci sono anche momenti più adatti e altri che lo sono meno per leggere. Si tratta di una condizione, quella essenziale è la serenità d’animo; chi legge in un momento di forte stress, ritornerà continuamente con la mente alle proprie preoccupazioni.

Fonte: LifeStyleSlow.com

sabato 21 novembre 2020

I migliori libri da non perdere assolutamente


 

Nel periodo del lockdown e in generale in tempi di Pandemia, la maggior parte delle persone ha scoperto o riscoperto il gusto per la lettura. Barbara Fredrickson, nota scienziata della Stanford University, famosa per i suoi studi in psicologia positiva, sostiene che pensare positivo sia il risultato di un allenamento continuo perché la naturale inclinazione della mente è quella di concentrarsi sugli aspetti negativi per garantire la sopravvivenza. Concentrando la mente su ciò che è positivo ed essenziale aiuta, quindi, ad avere maggiori probabilitàdi raggiungere i propri traguardi.

Numerosi Nutrizionisti ed esperti del benessere hanno ribattezzato un nuovo modo di concepire la vita con il termine Pure Thinking su cui ha indagato l'osservatorio internazionale Pure Encapsulations.

Il Pure Thinking si appresta a diventare uno stile di vita anche in Europa, come spiega l'articolo Pensare positivo nonostante tutto, detox e benessere totale

Leggere non è solo un piacevole modo per passare il tempo, ma un esercizio per la mente, aiuta a vivere meglio e inoltre, alcune letture ci aprono orizzonti fino ad allora inesplorati. 

Ecco un elenco di libri da leggere assolutamente nei prossimi mesi

Noam Chomsky  è uno dei maggiori intelletuali di rottura e coscienza critica degli Stati Uniti. Le sue visioni sul mondo, sull'economia e sulle guerre sono molto interessanti, e il suo pensiero spiega le motivazioni e gli effetti anche della Pandemia Sars Cov2 in atto. 

I suoi libri andrebbero letti tutti, eccoli:

Chi sono i Padroni del mondo   Il testo è un concentrato del suo pensiero politico, affronta le attuali questioni di politica internazionale: dal terrorismo alle tensioni mediorientali, dalla situazione tra Nato e Russia, all'espansione cinese e così via.  Ponte alle Grazie Editore 352 pagine



 

 

 



Le dieci leggi del potere - Noam Chomsky

Media e potere 

Capire il potere

 

Enrico Galiano è l'insegnante più famoso del Web - La Stampa dice di lui: Un professore e scrittore che sa parlare ai ragazzi, perché vive con loro, in mezzo a loro. 

La sua ultima fatica è L'arte di sbagliare alla grande 


 






Laetitia Colombani, l'autrice della Treccia, ritorna nelle librerie con un meraviglioso ritratto di due eroine ingiustamente dimenticate 

- Il palazzo delle donne - Blanche si lancia nella battaglia contro la povertà, dopo la Grande guerra, Parigi è ancora in ginocchio. Nessuno tende la mano alle centinaia di donne che ogni giorno mendicano, si privano del cibo per sfamare i propri bambini. Per Blanche, quella è un'ingiustizia intollerabile.



                                                                   


Continuando a parlare di donne, Daniela Raimondi con La casa sull'argine offre al pubblico la saga famigliare più attesa dell'anno 

Stefania Auci lo definisce - Vitale, poetico e pieno di passione: grazie a un coro di voci autentiche, trascinanti, questo romanzo racconta una storia indimenticabile...

 

                         

Un'altra meravigliosa donna ci regala tutta la sua saggezza in un insieme di pensieri, raccolti e pubblicati da Mamma Margherita. I diritti d'autore saranno destinati alla fondazione di Nadia Toffa e devoluti alla ricerca sul cancro e alla terra dei fuochi. 

 

                      

Un po' di attualità con Il mercato del consenso di Christopher Wyle, che svela i retroscena su come Cambridge Analytica abbia usato i dati ottenuti illegalmente da facebook per manipolare la campagna elettorale americana e il voto sulla Brexit.

       

La voglia di evasione, specialmente in un periodo come quello attuale è di fondamentale importanza, e qual è il metodo migliore per farlo se non con un libro? Molte ricerche sul Covid dimostrano come sia importante condurre uno stile di vita sano e tutti gli indicatori fanno pensare che la risposta del sistema immunitario sia determinante per affrontare infezioni da virus e batteri. Alcuni studi ci dicono sempre più cose sul Covid-19 e sulle terapie a domicilio   

 

                      

Sono sicuramente da includere nelle proprie letture alcune opere emergenti, e questo va fatto per diversi ordini di ragioni, prima di tutto, perché potrebbero rivelarsi una scoperta e una piacevole sorpresa. 

Un po' di Fantasy (un genere che riesce a emozionare e ad essere avvincente allo stesso tempo) con Maithia e-book

 

                        

e infine un racconto vero e intimo, ambientato a Ischia, luogo di nascita dell'autrice Bianca Monti, arrivato alla sua seconda ristampa

 

    


I libri di Fantascienza da non perdere Gialli e thriller da non perdere Romanzi Rosa I migliori Bestseller

I 100 migliori libri del 2020 secondo il New York Times

 


Come ogni fine d’anno, arriva il momento delle classifiche dei migliori libri degli ultimi 12 mesi. Tra le selezioni più attese, quella dei critici del New York Times.

Quali sono dunque i 100 libri migliori del 2020 per il quotidiano più importante del pianeta? Pamela Paul, a capo di The Times Book Review, ha ammesso la difficoltà delle scelte, viste le tantissime pubblicazioni da considerare, tra fiction e non fiction.Il NYT pubblica questa speciale e autorevole classifica sin dal 1968. E scorrendo l’elenco dei “migliori 100” del 2020, un anno particolare e difficile per il mondo intero e gli Usa in particolare, tra pandemia, razzismo, elezioni presidenziali e lotte sociali, non mancano i testi legati all’attualità, a partire dall’ attesissimo libro di Barack Obama, subito un bestseller oltreoceano e nel resto del mondo, Italia compresa.Tra i 100 libri segnalati troviamo anche titoli già usciti nel nostro Paese, come Lo specchio e la luce di Hilary Mantel, appena proposto da Fazi, Seni e Uova di Mieko Kawakami, pubblicato da e/o e bestseller in Giappone, e La morte di Gesù (Einaudi) del sudafricano John Maxwell Coetzee, Premio Nobel per la letteratura nel 2003, e come La valle oscura di Anna Wiener, uscito per Adelphi.

fonte: Il Libraio

giovedì 29 ottobre 2020

Rispampa per Il Richiamo dell'appartenenza di Bianca Monti

 

“Il richiamo dell’appartenenza” somiglia a Bianca, la quale senza preamboli introduce il lettore direttamente in cucina, mentre prepara il caffè e fuma la sua prima sigaretta; si assiste alla telefonata con la madre, poi in modo altrettanto naturale si entra in contatto con i pensieri dell’autrice. 
La scrittura semplice e accogliente, costruita con equilibrio e tempi giusti, ci costringe a viaggiare con lei, con qualche pausa di riflessione, entrando e uscendo da considerazioni e ricordi lontani. In questo continuo gioco alternato si assiste al racconto di una vita, ad un’altalena di sentimenti forti, profondamente intrecciati fra passato e presente. 
Dopo dieci anni dalla prima uscita, “Il richiamo dell’appartenenza” è ufficialmente in ristampa dal 21 giugno scorso, rivisitato e con una copertina tutta nuova. 
Il racconto inizia appunto con una telefonata e un viaggio, anche fisico, verso il passato, nei luoghi dell’appartenenza; ma qual è il valore di un ricordo e a quale posto apparteniamo veramente? 
Letto dieci anni fa, conservo ricordi ed emozioni molto diversi fra loro e con essi domande che, oggi ho rivolto direttamente all’autrice. 
Conosco Bianca da molti anni, prima ancora del suo viso avevo conosciuto le sue parole, non quelle scritte nel libro. Sebbene sia profondamente radicata in noi la necessità di associare alle parole e alla voce di qualcuno un’immagine, non sempre quest’ultima è davvero fondamentale per riconoscersi. Sarebbe complicato spiegare come ci siamo incontrate (se esiste il caso) e come la nostra amicizia abbia vissuto un passato e in un luogo, credo anche in un tempo (esiste il tempo?), quasi come la storia raccontata nel libro.

è quanto si legge da un articolo apparso su corriere di San Nicola nel 2018, anno in cui il volume di Bianca Monti è stato ristampato. 

La prima domanda che rivolgo a Bianca è semplice, forse banale: 
-Come e quando è maturata l’idea del libro? 

«In realtà il mio libro è maturato da solo: non è nato da un progetto iniziale. Provavo la necessità di codificare un dolore che non pensavo potesse appartenermi e, per farlo, ho creduto fosse utile spiegarmelo analizzandolo attraverso la scrittura. Inevitabile in certi casi ritornare al passato, a quello che era stato il legame mio con Maria; è così che la sua storia è diventata la nostra storia. Ho rovistato nei racconti di chi la conosceva, nei luoghi e negli oggetti che le appartenevano, alla ricerca di una donna che credevo erroneamente di conoscere. Solo alla fine del mio lavoro, quando ho compreso l'insegnamento che questa piccola grande donna mi aveva dato, ho desiderato trasmetterlo agli altri attraverso un libro»
.

L'inetrvista continua su Corriere di San Nicola - Periodico di informazione

Il link per acquistare il libro Il Richiamo dell'appartenenza


giovedì 8 ottobre 2020

Ilaria Capua: Ti conosco mascherina, il virus spiegato ai bambini


 
Illibraio ha intervistato Ilaria Capua, medico veterinario, in occasione del suo libro, Ti conosco mascherina in uscita l'8 ottobre 2020.  

Questo libro è una sorta di libretto di istruzioni, una guida, uno strumento per rendere le famiglie più consapevoli su determinate regole e comportamenti da condividere al loro interno”.“Il virus è un nemico invisibile, e per questo fa ancora più paura ai bambini”. Quanto al futuro: “Auspico che si arrivi, piano piano, a una nuova normalità, che riguarderà la nostra vita di tutti i giorni e il nostro percorso come generazioni che hanno vissuto questa emergenza sanitaria. Anche questo virus passerà, ce lo dice la storia”. E racconta: “Mi sono ispirata a Margherita Hack, che ha avvicinato generazioni di ragazzi alle materie scientifiche”

Come parlare ai più piccoli dei rischi legati alla Covid-19? Come aiutarli a proteggersi da un virus invisibile e ancora non del tutto conosciuto? Ilaria Capua, virologa apprezzata a livello internazionale (dirige il centro di eccellenza One Health dell’Università della Florida), ha deciso di scrivere un libro pensato proprio per bambine e bambini. Si intitola Ti conosco mascherina, è pubblicato da La Coccinella, e non a caso si tratta di un “libro-gioco”, con slider e finestre colorate.

Il volume punta a far conoscere ai più piccoli il mondo dei virus e a spiegare loro come convivere con la pandemiacon consapevolezza, per quel che è possibile, e senza farsi prendere dalla paura. Sì perché nei mesi tragici segnati dall’emergenza coronavirus i bambini di tutto il mondo, in gran parte dei casi costretti per settimane a restare chiusi in casa, sono stati tra le vittime della Covid-19 anche a livello psicologico.

Ilaria Capua: L'intervista de IlLibraio:

Cosa l’ha spinta a immaginare un libro sul virus pensato per i più piccoli?
“I motivi sono diversi. L’intento è certamente quello di raccontare: punto ad ampliare la conoscenza sui virus per contribuire ad affrontare l’emergenza sanitaria. Del resto la sanità pubblica si basa sulla capacità di comunicare determinate informazioni ai cittadini, che devono poi mettere in atto le indicazioni. Questo libro è una sorta di libretto di istruzioni, una guida, uno strumento per rendere le famiglie più consapevoli su determinate regole e comportamenti da condividere al loro interno”.

Un libro da leggere assieme ai figli.
“Non solo. Vorrei che la lettura condivisa di Ti conosco mascherina contribuisse a ricreare e a rinforzare il rapporto intergenerazionale nelle famiglie stesse: non a caso sottolineo l’importanza di proteggere i nonni”.

Almeno all’inizio, si è parlato poco dell’impatto del virus sui più piccoli…
“I bambini non sono stati considerati particolarmente vulnerabili, e ci siamo concentrati su altre fasce di popolazione. La realtà è che i bambini sono molto vulnerabili, non tanto all’attacco del virus, quanto alle conseguenze della Covid-19. Nelle prime settimane tanti piccoli si sono sentiti impauriti, anche a causa di una comunicazione non sempre chiara da parte di media, famiglie e società. I bambini possono aver frainteso degli aspetti, e con questo libro, in maniera gentile e giocosa, cerco far comprendere loro cos’è questo virus”.

Un virus invisibile.
“Sì, e un nemico invisibile fa ancora più paura, perché i bambini molto piccoli non riescono a comprendere il concetto di invisibilità. Nel libro cerco di rendere comprensibile e immaginabile il virus agli occhi del bambino. Allo stesso tempo, lo sforzo è di presentare le cose così come sono andate ma, allo stesso tempo, rassicurando”.

Sin dalla prima pagina.
“Il libro inizia spiegando che i virus ci sono sempre stati e che il nonno della protagonista ha avuto l’asiatica quando era piccolo, ma poi è guarito”.

A quali modelli si è ispirata?
“A Margherita Hack, perché ha avvicinato generazioni di ragazzi alle materie scientifiche. E mi sono voluta spingere anche oltre, cercando di incuriosire potenziali talenti ancora più in erba”.

Nei suoi interventi sui media e nei suoi libri emerge da un lato la propensione alla divulgazione, dall’altra il desiderio di stimolare fiducia nei confronti della comunità scientifica. Nel libro-gioco in uscita per la Coccinella a un certo punto la bambina e i genitori ammettono di non capire appieno il funzionamento del virus, ma si dicono pronti a prendere le precauzioni consigliate e a seguire con fiducia le indicazioni degli esperti.
“Anche con questo libro voglio sottolineare l’importanza della competenza, che in momenti difficili come questi è ancor più necessaria”.

A proposito di fiducia nei confronti della comunità scientifica, che ruolo hanno avuto nella diffusione delle teorie negazioniste le discordanze tra gli epidemiologi nei mesi del lockdown?
“Non si può negare, all’inizio sicuramente c’è stata una certa confusione, direi inevitabile perché causata dall’emergenza sanitaria arrivata dalla Cina. Confusione che si è amplificata man mano. Per me è stata una grande sorpresa, e ho capito che c’era bisogno di uno sforzo comunicativo speciale. Ora, passati alcuni mesi, siamo più allineati con la complessità dell’evento”.

Non è il virus la causa della pandemia, ma il nostro stile di vita. Alla luce di questa premessa, quali abitudini dei bambini dovrebbero cambiare? 
“Alcuni momenti, penso a quelli di gioco in gruppo, vanno vissuti in modo diverso. Con questo libro abbiamo cercato di normalizzare alcune situazioni, proprio pensando ai più piccoli. Allo stesso tempo, ci tengo a rassicurare i bambini e le famiglie. Nell’arco di un paio di anni ci diremo: ‘Ti ricordi quando dovevamo metterci la mascherina?'”.

Ha preceduto una domanda inevitabile: che previsioni si sente di fare?
“Auspico che si arrivi, piano piano, a una nuova normalità, che riguarderà la nostra vita di tutti i giorni e il nostro percorso come generazioni che hanno vissuto questa emergenza sanitaria. Anche questo virus passerà, ce lo dice la storia”.

E come dovrà essere la “nuova normalità”?
“Mi auguro che ci porteremo dietro tante delle cose che abbiamo imparato in questi mesi. Il libro va in questa direzione, non dobbiamo dimenticare le buone pratiche che abbiamo appreso. Tra qualche anno diremo: ‘Ti ricordi quando prima di andare a tavola non ci lavavamo mai le mani’?”.

Quando si parla di coronavirus non si può non citare il tema ambientale. Del resto lo spillover del virus verso la specie umana è stato causato dall’impatto delle azioni umane sull’ambiente stesso. Se non si invertirà con decisione e urgenza la rotta, in futuro rischiamo di affrontare periodicamente altre ondate pandemiche?
“Questo tema è centrale nella mia battaglia scientifica, ne ho scritto in un mio saggio uscito prima della pandemia:Salute circolare. Una rivoluzione necessaria (Egea). Credo che questa emergenza ci abbia sollecitato ad alcuni interventi che altrimenti chissà per quanto avremmo rimandato. Il lockdown ci ha fatto capire che se ci si ferma un attimo, la natura risponde, forse il messaggio più forte che ci ha mandato questa situazione”.

 

 

 

 

lunedì 28 ottobre 2019

Balbuzie: cause e rimedi


La balbuzie è un disturbo del linguaggio, che è caratterizzato da variazioni del ritmo della parola, che sono chiamate disfluenze. In pratica il linguaggio è difficoltoso a causa di continue ripetizioni, prolungamenti e arresti delle parole. Sono colpiti circa il 3% dei bambini sotto i sei anni. I bambini sono interessati 4 volte di più rispetto alle bambine. La balbuzie si chiama anche disturbo della fluenza verbale. Balbuzie: cause, conseguenze e rimedi.

Balbuzie: cosa sono le disfluenze? 

Come si diceva le disfluenze non sono altro che ripetizioni o prolungamenti delle parole. Non indicano per forza che si è colpiti da balbuzie, tanto che nei bambini sotto i 4 anni sono abbastanza comuni. Riguarda più o meno un bambino ogni dieci e nella grande maggioranza dei casi si risolve spontaneamente.

Diversi tipi di balbuzie

Ci sono differenti tipi di balbuzie:
  1. Forma clonica: quando si ha la ripetizione della sillaba;
  2. Forma tonica: avviene quando ci si arresta all’inizio della frase con allungamento della sillaba o del fonema difficile da pronunciare;
  3. Forma mista: quando c’è sia l’allungamento, sia la ripetizione. In questo caso la comunicazione è particolarmente complicata.
La balbuzie può essere classificata anche in base all’età in cui si manifesta il disturbo:
  • quella evolutiva esordisce tra i 2 e i 4 anni. In genere il disturbo del linguaggio si risolve autonomamente in pochi mesi. È causata dalla fisiologica evoluzione dell’apprendimento del linguaggio;
  • la benigna compare in media intorno ai 7 anni e mezzo. Anche in questo caso di solito si risolve spontaneamente dopo però 2 o 3 anni;
  • quella persistente può invece cominciare tra i 3 anni e mezzo e gli 8 anni ed è la più complicata da trattare.

Balbuzie: quali sono i sintomi?

 La balbuzie si manifesta con:
  • ripetizione delle sillabe;
  • interruzione delle parole;
  • prolungamento di suoni;
  • interiezioni;
  • eccessiva tensione fisica quando si pronunciano le parole;
  • contrazioni anomale di vari gruppi muscolari, soprattutto quelli interessati alla fonazione. Si verificano in genere all’inizio di una frase;
  • blocchi udibili o silenti;
  • circonlocuzioni, in pratica la sostituzione di parole per evitare parole problematiche;
  • ripetizione di intere parole monosillabiche.
Parlare implica il controllo e la coordinazione di oltre 100 muscoli contemporaneamente. Ecco perché lo studioso del linguaggio Martin Sommer ha paragonato la balbuzie al suono prodotto da un’orchestra disorganizzata: i singoli orchestrali suonano bene, nessuno strumento funziona male, ma manca il coordinamento delle singole parti che, attivandosi nel momento giusto, rendono possibile il parlare. Il balbuziente sa perfettamente ciò che vuole dire, ma non ci riesce.

Quali sono le cause?

Qualche decennio fa si pensava che la balbuzie fosse un problema legato all’emotività. Oggi si considerano una serie di concause. Uno studio americano pubblicato sul New England Journal of Medicine ha individuato tre geni responsabili del disturbo. La balbuzie ha una base genetica, come prova la forte familiarità: il 75% dei bambini che balbettano ha parenti balbuzienti. I fattori emozionali sono solo cause scatenanti in soggetti già predisposti. Ed è vero che la difficoltà a esprimersi aumenta quando i balbuzienti sono sotto pressione comunicativa, parlano al telefono o non si sentono a loro agio con l’interlocutore.

Qual è la diagnosi? Si cura?

La diagnosi può essere fatta dai tre anni di età in poi. Essendo un disturbo del linguaggio non è difficile accorgersi che il bambino abbia difficoltà nel parlare. Il consiglio è quello di rivolgersi subito al proprio pediatra per capire se si tratti di una fisiologica difficoltà nella comunicazione quando si è piccoli o se siamo di fronte a una balbuzie vera e propria. Di solito il pediatra consiglierà la visita di uno specialista della cura dei disturbi del linguaggio.
Nella visita bisognerà indagare tutti gli aspetti, dalla familiarità a traumi vissuti nel passato, anche quelli avuti durante il parto, fino a eventuali malattie neurologiche. Per effettuare la diagnosi. Occorre capire quando la balbuzie ha fatto il suo esordio, quanto siano seri i sintomi. Di conseguenza il paziente viene sottoposto ad alcuni test che possano verificare tutti questi aspetti. La terapia in media dura dai sei ai 12 mesi.

Un team interdisciplinare

Per la soluzione della balbuzie occorre mettere in campo un team, che comprenda:
  • un pediatra,
  • un logopedista,
  • un neurologo,
  • uno psicologo.
Sono molti del resto gli aspetti che devono essere presi in considerazione. Bisogna comprendere se ci siano eventuali problemi organici e quali siano le difficoltà emotive e psicologiche che stanno alla base di questo disturbo. Non va sottovalutato neppure il fatto che il balbuziente diventa una persona tendenzialmente chiusa, con una bassa autostima.
Bisogna ricordarsi che nella stragrande maggioranza dei casi ci si sta rivolgendo a un bambino. Di conseguenza è fondamentale l’approccio più accogliente e accudente possibile, in modo che non si senta né messo sotto pressione, né sopra o sottovalutato.

Balbuzie: come devono comportarsi i genitori?

La famiglia gioca un ruolo cruciale. La prima regola è non far sentire il bambino diverso per il suo disturbo del linguaggio. Ascoltarlo quando parla anche balbettando con un atteggiamento di attenzione e serenità è un passo fondamentale. Non dimostrare mai fretta, insofferenza, ansia e non finire, né suggerire mai le parole.
Può essere estremamente utile valorizzare le altre qualità del bambino in modo da aumentare la sua autostima.
Mai anticipare il bambino quando parla, completando le parole o le frasi e non interromperlo dicendogli che si è già capito. Evitare di promettere premi se riesce a parlare correttamente, mai mortificarlo davanti a parenti e amici. Dimostrare interesse verso quello che dice è imprescindibile.

Chi balbetta è più a rischio di bullismo 

La scuola riapre finalmente i battenti e ciò, per alcuni studenti, è motivo di ansia: stando a un rapporto Istat, infatti, poco più del 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri coetanei nei 12 mesi precedenti. Nel 6% dei casi la derisione è causata dall’aspetto fisico o dal modo di parlare, tanto che i bambini con disturbi specifici del linguaggio, tra cui la balbuzie, sono tre volte più a rischio di bullismo. La balbuzie, a volte associata anche a spasmi facciali o movimenti involontari, attira l’attenzione degli altri e può far diventare il ragazzo che balbetta un facile bersaglio di scherno.